domenica 4 aprile 2010

La vero storia di Umberto


Navigando sul web mi sono imbattuta in questo articolo pubblicato su Terra News il 31 agosto 2008. Dopo le ultime elezioni, che hanno visto nuovamente vincente la Lega, il personaggio politico Umberto Bossi torna a suscitare interesse e curiosità.

Chi è l'Umberto Bossi oggi "padrone" del Nord
31/08/2008
di Mario Guarino

PROFILO Un inedito ritratto dell’uomo che da dodici anni condiziona le politiche del nostro Paese. Tra balle, laurea fasulla, debiti, nozze e fallimenti nasce la sua Lega.

Che Silvio Berlusconi e Umberto Bossi formino ormai una “coppia di ferro” non ci sono più dubbi. Dal 1996, i due hanno stipulato una sorta di ferreo patto personale-politico. A ogni tornata elettorale, il sodalizio è premiato da milioni di elettori. Da allora quasi tutti i lunedì, da buoni amici di merenda, B&B si ritrovano a cena nella villa di Arcore: per consolidare sempre più l’alleanza; studiare le mosse politiche; prendere decisioni sull’insediamento al vertice di enti pubblici (Rai compresa) dei loro protetti; per dividersi collegi comunali, provinciali; assegnarsi le Regioni. In definitiva, per tenere in pugno il Paese: obiettivo in gran parte raggiunto.

Se di Berlusconi si sa parecchio, di Bossi assai poco. Quel poco riguarda soprattutto le sue frequenti “sparate” verso gli avversari di turno (ultimamente, i disperati che tentano di attraversare il mare in cerca di una esistenza meno grama; nonché i vertici ecclesiastici). Per l’ormai suo prossimo compleanno, tracciamo - attraverso i dati meno noti - un ritratto di quest’uomo che da dodici anni condiziona pesantemente le politiche del nostro Paese. Le origini. Nasce a Cassano Magnago (Varese), il 19 settembre 1941, da Ambrogio e Ida Valentina Mauri.

I Bossi - che avranno altri due figli, Franco (1947) e Angela (1951) - sono una famiglia operaia, cattolica e, come tante nel dopoguerra, anticomunista. Umberto frequenta le scuole elementari di Cassano e la parrocchia di Santa Maria del Cerro. I primi guadagni li ottiene lavorando in tintoria; al bar; come aiuto odontotecnico; friggitore di frittelle nelle feste di paese. Il primo posto fisso è all’Aci di Gallarate. Come il Cavaliere, anch’egli all’epoca mette su un complessino musicale e, con il nome d’arte di Donato, incide 45 giri: uno ha l’inquietante titolo “Un ebbro, uno sconforto”.

Partecipa al Festival di Castrocaro (poiché è “sdonato” come una campana, viene bocciato). Si diletta a scrivere poesie in dialetto. Da privatista, ottiene la maturità scientifica, lascia l’Aci e si trasferisce a Pavia, dove all’università si iscrive a Medicina. Balle, laurea fasulla e nozze. A Gallarate, rimorchia per strada Gigliola Guidali (come Berlusconi con la prima moglie, Carla). Nel 1975, annuncia a fidanzata, genitori e amici di essersi laureato. È una balla, ma Gigliola accetta comunque di sposarlo (31 agosto). Nello stesso anno, si iscrive al Pci di Samarate (Varese): alla voce “professione” fa scrivere - come da registro - medico. Una laurea che non prenderà mai.

Nel ’79 i coniugi Bossi hanno un figlio, Riccardo. Sette anni dopo le nozze, stufa delle balle, Gigliola chiede e ottiene la separazione. Politica, ultima spiaggia. Senz’arte né parte, piuttosto che all’ippica, nel ’79 Bossi si dà alla politica dopo l’incontro con Bruno Salvadori, leader dell’Union Valdotaine. Lui e il futuro ministro dell’Interno Roberto Maroni - aspirante giornalista - viaggiano molto, attaccano manifesti per la provincia di Varese ma alle elezioni è un flop. I tre fondano la società editoriale Nord Ovest, che edita il foglio Nord Ovest. È l’origine della Lega. Debiti, furti e fallimenti. L’8 giugno 1980, Salvadori muore in un incidente automobilistico.

Nord Ovest chiude, lasciandosi una scia di debiti di una ventina di milioni di lire (di allora). Per cercare di tappare il buco, Bossi s’ingegna a far di tutto: monta antenne tv, carica e scarica cassette di frutta al mercato. Poi chiede aiuto a Maroni, nel frattempo diventato sassofonista ed estremista di sinistra. Bossi arriva perfino a cercare di vendere l’auto di uno stretto, ignaro, parente. Inoltre, sottrae i pochi soldi che l’allora moglie ha sul conto corrente (Rita Cenni, intervista a Gigliola Guidali, Oggi, 7 novembre 1994). In seguito sposerà la maestra milanese Manuela Marrone (madre lombarda, padre siciliano), da cui avrà due figli.

Poesie, insulti e padroni. Innamorato della sua terra, Bossi pubblica poesie dialettali: qualcuna non proprio elegante, ma di preciso orientamento sociale. S’intitola “Vagan da via u cu i padron” (Vadano a dare via il culo i padroni). È dedicata - secondo gli amici - a Gianni Agnelli. Di lui, infatti scriverà: «Pur di far quattrini, non aveva guardato in faccia niente e nessuno ». E Berlusca? Avrà razione doppia. Finalmente a “Roma ladrona”. Nella X Legislatura, viene eletto senatore, e deputato in quelle successive. Il 20 luglio 1992, il consolato americano di Milano (informa Razza padana, Bur) trasmette un documento alla Cia, in cui degli eletti in Parlamento e Senato si afferma tra l’altro: «Tutti, tranne poche eccezioni, sono delle nullità, senza alcuna esperienza politica, spesso giovani e con bassa scolarizzazione».

La notorietà per Bossi arriverà nel ’94 (XII Legislatura), quando il suo slogan “Roma ladrona” attecchirà in molte zone del lombardo-veneto. Stampa, Cav. e prelati: kaputt. Come il suo sodale Berlusconi, anche Bossi detesta i giornalisti che non ne tracciano le lodi. Il 18 ottobre 1994 stila una lista consegnata a tutti i suoi - di «gaglioffi, gentaglia, pennivendoli»: Gianfranco Ballardin, Marco Panara, Maria Teresa Meli, Goffredo De Marchis, Marida Lombardo Pijola, Federico Bianchessi, Paolo Biondi, Natalia Augias, Antonella Coppari, Paolo Andreoli, Antonio Enrico Bartoli. A breve, dopo aver provocato - con l’uscita della Lega - la caduta del primo governo Berlusconi (dicembre 1994), per circa un anno e mezzo Bossi sparerà a zero contro i vertici della Chiesa e contro il Cavaliere (definito, tra i tanti gentili epiteti, «sporco piduista; berluskaz; amico di Riina»).

Arriverà perfino a ordinare un’indagine, attraverso agenti ed emissari (L’espresso, 8 febbraio 2001) su come Berlusconi aveva fatto i soldi. Poi, dal ’96 a oggi, la metamorfosi amorosa e le infinite giravolte personali e politiche (con l’intermezzo, 11 marzo 2004, di un ictus). E una gestione padronale del partito, che lo porterà a estromettere tutti coloro che non si allineano alle sue posizioni. Un nome per tutti: il professore universitario e ideologo leghista Gianfranco Miglio, da lui definito affettuosamente una «scorreggia nell’Universo».