Lo hanno intitolato «Assassinio nella Cattedrale» dall’omonimo dramma teatrale di T.S. Eliot oppure «un giallo lungo diciassette anni». Si tratta del ritrovamento, in una intercapedine del sottotetto della chiesa della Santissima Trinità situata al centro di Potenza, del cadavere mummificato di Elisa Claps, la sedicenne scomparsa il 12 settembre del 1993, ferita alla gola e soffocata come risulta dai primi rilievi dell’autopsia. Trovata sul lato che guarda via Pretoria, dove passeggia chi ha soldi e successo a Potenza, con il suo volto da adolescente incartapecorito, il braccio destro steso lungo il corpo e i brandelli luridi della sua maglietta bianca che la mamma le aveva fatto coi ferri, coperta dal fango e dalla polvere e dagli escrementi dei piccioni.
A) La povera Elisa confidò all’amica del cuore che quella mattina del 93 aveva un appuntamento con questo ragazzo ventenne che la ossessionava con le sue richieste di poterla incontrare da sola. Elisa si era sempre sottratta alle insistenze di Danilo ma quella volta aveva accettato-almeno così disse all’amica- anche perché lui le voleva consegnare un regalo.
B) Elisa pregò dunque l’amica con cui sarebbe dovuta andare in gita insieme ai famigliari, di aspettarla davanti alla chiesa e si recò all’appuntamento. L’amica da quel momento non la vide più.
Ma vediamo cosa dichiara Danilo quando viene interrogato. Dice di aver effettivamente incontrato Elisa (esiste infatti un testimone che li ha visti insieme) ma, dopo qualche scambio di parole, ciascuno era andato per suo conto e lui assicura di aver visto Elisa uscire dalla chiesa. E’ la prima bugia perché da quella chiesa, come mostra il ritrovamento del cadavere, Elisa non è mai uscita, ma gli inquirenti non possono saperlo anche se non si capisce perché mai, quando scompare una persona, non vengano scandagliati, innanzitutto, i luoghi dove sicuramente la persona é stata vista per l’ultima volta. In questo caso la chiesa della Santissima Trinità. Ed invece, mentre verranno fatte ricerche della ragazza scomparsa addirittura in Albania sulla base della segnalazione dell’avvocato di un ragazzo albanese coinvolto nei primi momenti in questa storia, non si è mai pensato di perlustrare la chiesa, dando retta alle affermazioni di Danilo Restivo per il quale Elisa era uscita dal luogo sacro a mezzogiorno in punto. Eppure non era spuntato alcun testimone a dire di averla notata in qualche altro posto. Ma c’è di più . Danilo, quel giorno della scomparsa di Elisa, ricorre alle cure di un medico in quanto, secondo la sua versione, avrebbe girovagato da solo per la città, entrando, senza un motivo preciso, in uno dei cantieri delle scale mobili che all’epoca erano in costruzione. Qui si sarebbe ferito cadendo da una scalinata procurandosi un taglio di un centimetro alla mano sinistra che lo indusse a recarsi al pronto soccorso di Potenza per farsi medicare. Racconta che una lastra appuntita gli si sarebbe conficcata tra il pollice e l’indice. Di qui il sangue che macchia il suo giubbotto che verrà messo chissà dove quando lui rientra a casa dove si festeggia il compleanno della madre. Come risulta dal referto medico, Restivo si fece medicare alle 13,45 dunque dalle 12, ora in cui disse di aver lasciato Elisa, c’è un buco di oltre un’ora e mezza in cui il giovane non fu visto da nessuno in grado di confermare i suoi spostamenti. Il medico del Pronto Soccorso che verrà interpellato affermerà che la piccola ferita non solo appariva incompatibile con la caduta ma era anche situata in una parte del corpo poco irrorata dal sangue. Se ne dovrebbe perciò dedurre che non ne era sgorgato in una quantità rilevante al punto da macchiare il giubbotto di Danilo. Un particolare che non viene preso nella dovuta considerazione. Ci si potrebbe domandare perché mai per un’inezia del genere il Restivo, posto che sia reduce da un misfatto, sia ricorso ad un medico ma la spiegazione la fornisce lo stesso Danilo in Tribunale dicendo che non sopporta la vista del sangue al punto che se vede uscire pure una goccia sviene. Ecco spiegato il suo ricorso al medico. La vista del sangue gli fa perdere la testa. Dopodichè, una volta a casa, il giovanotto si cambia e compare a tavola dove immaginiamo che per festeggiare la mamma si pasteggiasse da un pezzo vista l’ora. Ma ecco che stando alle ricostruzioni su testimonianze, il padre di Danilo, Maurizio Restivo, dopo aver ricevuto una telefonata, convoca il figlio in un’altra stanza e lo intrattiene per un buon quarto d’ora. Non si saprà mai che cosa si sono detti padre e figlio e cosa annunciasse quella telefonata. Si sarebbe potuto almeno sapere da chi proveniva se il Pm, nel processo a carico di Restivo, avesse richiesto i tabulati telefonici. E il giubbotto macchiato di sangue, che fine avrà fatto? Gli inquirenti si saranno accorti oppure no di avere a che fare con un tipo assai strano? Quel suo vizio di tagliare e collezionare – ciocche di capelli femminili compiuto sempre sugli autobus.( ci sono decine di testimonianze agli atti – da Torino, Rimini e Potenza – di donne a cui Restivo ha tagliato nel tempo ciocche di capelli.) non denota forse un feticismo ritualistico di natura ossessiva volto a lenire la sua difficoltà ad approcciarsi con le donne, con questo possesso compulsivo di un particolare femminile? La sua , non c’è dubbio, è una personalità complessa e oscura. C’è chi a Potenza non è tenero nemmeno nei confronti di suo padre, Maurizio Restivo, che è stato presidente della locale Biblioteca Nazionale oltrechè pittore e saggista (ha fatto una corposa monografia sulle brigantesse). Su di lui fioriscono le chiacchiere: si dice sia nipote di un potente ministro della Dc, ma la parentela viene smentita da Danilo; si sostiene che sia massone; legato per motivi di associazionismo a Michele Cannizzaro, marito del Pm, la dottoressa Genovese che istruì quel primo processo a Danilo Restivo condannato per false dichiarazioni. Il genitore oggi vive a Erice, città dalla quale proviene ma a Potenza ancora lo ricordano per la sua superbia, per il culto della personalità che era riuscito a creare intorno alla sua figura e, soprattutto, per il suo esibito nietzschianesimo. Per molti questo genitore avrebbe avuto un ruolo nella vicenda Claps. Ma tornando a quel settembre del 1993 in cui scomparve Elisa, ci si domanda oggi come mai , nonostante l’annuale opera di ristrutturazioni che puntualmente veniva fatta nella chiesa della Santissima Trinità dal pignolissimo e accuratissimo parroco don Mimì, defunto nel 2008, (anche su di lui è caduta l’accusa di un comportamento ambiguo), nessuno vide mai cosa celasse il sottotetto. D’accordo che è di difficile accesso e che l’intercapedine nasconde ogni cosa. Sembrerebbe che le prime a mettervi piede sarebbero state le due donne delle pulizie, Margherita Santarsiero e Annalisa, madre e figlia, che nel gennaio scorso avvertirono il viceparroco della possibile presenza nell’intercapedine di resti umani. Il viceparroco, un giovane brasiliano, non avvertì nemmeno il nuovo parroco. Non fece niente. Tanti in questa storia non hanno fatto niente. Si è arrivati così al marzo scorso quando è stata ufficializzata la scoperta del cadavere della povera Elisa compiuta dagli operai saliti fin lassù per mettere riparo alle perdite di acqua. Adesso la chiesa della Santissima Trinità è stata posta sotto sequestro. Quanto a Danilo Restivo, si sa, che venne coinvolto in Inghilterra in un altro giallo.
Nove anni dopo la scomparsa di Elisa Claps, il 12 novembre del 2002, a Bornemouth, nel Dorset, dove Restivo vive da molti anni – perché a Potenza sarebbe in pericolo la sua incolumità fisica – viene trovata morta una donna di quarantotto anni. Si chiama Heather Barnett, e vive a pochi metri dalla casa di Restivo e di sua moglie. Viene trovata morta e seviziata nella vasca da bagno. I seni le sono stati asportati, e in entrambe le mani tiene serrate due ciocche di capelli. Le ciocche di capelli che la Barnett teneva in pugno sono state analizzate per bene, ma non si è mai riusciti a capire a chi appartenessero (di sicuro non appartengono a Elisa). Restivo, che viveva in un appartamento nella zona di Charminster, di fronte a quello della donna, fu arrestato nel 2004 nel corso delle indagini su quel delitto: negò ogni coinvolgimento e fu rilasciato senza alcuna incriminazione. Vale la pena ricordare che quasi sei anni dopo la scomparsa di Elisa Claps nella puntata della trasmissione di Rai3 «Chi l’ha visto» dell’11 maggio 1999, il fratello della povera ragazza, Gildo, fece una rivelazione clamorosa che riaccese i riflettori sul caso sostenendo che sul sito internet dedicato a Elisa dalla famiglia, arrivò un messaggio di posta elettronica in cui si diceva che la ragazza stava bene, che si trovava in Brasile e che non voleva tornare in Italia e rivedere i familiari. La email risultò però inviata non da una località brasiliana ma da un internet point di Potenza. Ma c’è di più. Secondo le verifiche dello stesso fratello di Elisa, il mittente sarebbe stato proprio Danilo Restivo. Quest’ultimo, tramite il suo legale, ha immediatamente smentito nonostante sembrasse certo il fatto che lui fosse presente nel locale il giorno e nell’orario dell’invio (23 aprile 1999, alle ore 21,45). Ora nell’informativa conclusiva consegnata al pm di Salerno Rosa Volpe, Danilo Restivo è l’unico accusato con nome e cognome dell’omicidio di Elisa Claps dalla Squadra mobile di Potenza. Un omicidio preterintenzionale, conseguenza di una pulsione sessuale. Nelle pagine firmate dal vicequestore Barbara Strappato sono ipotizzati anche i profili di altre persone «da identificare» coinvolte nell’occultamento del cadavere e nei depistaggi. Intanto su «Il Quotidiano» di Potenza vengono pubblicate le deliranti email con cui Restivo si mantiene in contatto con un redattore del giornale. Attraverso queste email si apprende di un suo tentativo di suicidio nel 1997 nonché dello sciopero messo in atto (non prende più la toxina salvavita per un malato del morbo di Basedow quale afferma di essere lui) per via delle accuse che gli vengono mosse. A suo giudizio, del tutto ingiuste.
"Presi io gli occhiali della claps"
Il viceparroco ammette di averli riposti vicino al corpo senza avere avvisato nessuno
Alcuni di loro hanno anche dichiarato che la festa era stata organizzata con l'assenso di don Mimì Sabia, il parroco morto due anni fa dopo essere stato per 48 anni l'unico sacerdote a governare la chiesa della Santissima Trinità. I ragazzi erano soliti appartarsi in quei luoghi e avrebbero utilizzato proprio il buio dell'abbaino per qualche momento d'intimità. La scoperta del corpo di Elisa sarebbe, però, potuta avvenire anche molti anni fa. Proprio nel sottotetto, infatti, tra marzo del 1996 e febbraio del 1997, furono eseguiti dei lavori di ristrutturazione. È inspiegabile come nessuno non si sia accorto di nulla. Le indagini per risalire all'autore o agli autori del delitto intanto stanno andando avanti velocemente. Non ci sono al momento certezze su cosa accadde quella mattina del 12 settembre del 1993. La polizia, però, ipotizza che Elisa Claps seguì il suo assassino nell'abbaino della chiesa. Ci sarebbe stato un tentativo di violenza. La ragazza si sarebbe opposta con forza tant'è che l'assassino, forse in preda a un raptus, l'avrebbe soffocata. Gli inquirenti intanto smentiscono la circostanza della coltellata alla schiena, subita dalla giovane. Il particolare è scaturito da una presunta ferita individuata dall'anatomopatologo Francesco Introna, sulla schiena di Elisa. Nei prossimi giorni, intanto, i magistrati procederanno a un nuovo incidente probatorio su altri elementi raccolti dentro la chiesa della Trinità.
da corriere.it